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- Premessa
- La prossimità nella ripartenza
- Quattro dimensioni per R-innovare la città: prime piste di sviluppo
- URBS
Da provincia a metropoli internazionale: per una città policentrica e sostenibile - CIVITAS
Una nuova cittadinanza urbana: per una città accessibile e accogliente - DOMUS
Resistere alla speculazione, innovare la produzione: per una città attrattiva ed economica - FOEDUS
Dalle reti alle alleanze: per una città municipalista
- URBS
- Note
Premessa
Nel corso di tre anni di ascolto e confronto con la città la Fondazione per l’Innovazione Urbana ha raccolto dati e sperimentato metodi e pratiche insieme ai cittadini, le comunità e gli stakeholder locali della città di Bologna. A partire da questo patrimonio di conoscenza, vogliamo contribuire alla ripartenza e al futuro della città attraverso i diversi strumenti e le azioni dell’Osservatorio sull’emergenza coronavirus fra di loro collegati e organizzati in tre principali assi di intervento:
- Documentazione: archivio digitale, dialoghi pubblici e tavole rotonde per il dibattito pubblico;
- Indagine: analisi multidisciplinari e multisettoriali sull’impatto della pandemia in città, con survey, focus group, interviste, data analysis e strumenti di ricerca partecipata;
- Cantieri: percorsi e tavoli di lavoro per l’attivazione rapida di soluzioni e azioni per rispondere all’emergenza, volti anche, sul più lungo periodo, a favorire la prototipazione e l’ideazione di interventi su scala locale e metropolitana.
Come nostra abitudine, ognuno di questi strumenti prevede il coinvolgimento attivo della comunità scientifica (Università e centri di ricerca), dell’amministrazione (Comune e Città metropolitana), delle organizzazioni economiche (imprese, terzo settore) e della cittadinanza (comunità di vicinato, associazioni, gruppi informali), con l’obiettivo di individuare misure di risposta alla crisi che siano radicate e promosse con il territorio e che si basino su processi di valorizzazione diffusa delle competenze e delle energie uniche che caratterizzano la città.
Alla luce dell’attuale emergenza e a partire dal lavoro e dalla conoscenza acquisita nel corso di questi tre anni di impegno e sperimentazione urbana, vogliamo indicare alcune piste di ricerca, sperimentazione e coinvolgimento cittadino che riteniamo prioritarie per il futuro e che possano orientare e stimolare i processi e gli strumenti dell'Osservatorio.
Quello che segue è un documento volutamente non esaustivo, pensato come strumento che possa essere arricchito, integrato e modificato nel corso dei prossimi mesi attraverso il confronto e il contributo di comunità, cittadini, ricercatori, terzo settore, gruppi informali, mondo produttivo e imprenditoriale nell’immaginare una città che riparte.
Siamo convinti che la lunga transizione che vivremo nei prossimi mesi richieda un’immaginazione di tipo nuovo: per rispondere alle sfide inedite determinate dalla pandemia, serve un processo di innovazione urbana dinamico e aperto, che costruisca e operi come spazio di sperimentazione che accompagni le politiche urbane e guardi al futuro.
Viviamo in un contesto di cambiamento rapido e incerto ma di lunga durata che imporrà significative modifiche delle vite lavorative e della stabilità economica e gestionale delle famiglie, degli usi dello spazio pubblico, dell’organizzazione e della fruizione dei servizi urbani e non da ultimo dei processi amministrativi e decisionali. Come ormai chiaro, la crisi che stiamo vivendo non è solo sanitaria: i suoi effetti e le azioni messe in atto per limitare la diffusione del virus e il contagio assumono caratteri economici, sociali e relazionali mai sperimentati prima1.
Dopo una prima fase di lockdown che ha permesso di ridurre gli effetti sanitari della pandemia, istituzioni e gruppi di esperti stanno lavorando per individuare misure e azioni che permettano la ripartenza economica e un graduale allentamento delle misure restrittive per favorire un miglioramento delle vite dei cittadini nel rispetto della sicurezza e delle misure di distanziamento fisico. Tali misure sono certamente necessarie e indispensabili, ma altrettanto urgente è accompagnare e inquadrare le risposte emergenziali in visioni di più ampia portata.
La cosiddetta fase due, che detta tempi e modalità di uscita dall’emergenza, e di ripresa graduale delle attività, deve essere inevitabilmente incentrata sulla ricerca di nuovi equilibri a domande complesse alle quali in parte la città di Bologna stava e sta cercando risposte.
Diventa fondamentale delineare nuove strategie di medio e lungo periodo per garantire nuova sostenibilità e benessere ai cittadini e alla città di Bologna2 e abilitare un modello di sviluppo urbano che abbia come perno la collaborazione e l’attivazione di chi abita la città nella definizione e implementazione delle azioni pubbliche.
Le scelte che verranno messe in campo da istituzioni e società per rispondere alla crisi potranno determinare futuri molto distinti tra loro3 ed è pertanto necessario non limitarsi semplicemente a ripartenze che si concentrino sulla risoluzione dell’urgenza nei diversi settori della nostra società, ma immaginare risposte che possano prefigurare il futuro e durare nel tempo. Basti qui un esempio per tutti: per rispondere alle limitazioni all’uso dello spazio pubblico imposte dal distanziamento fisico richiesto dalle misure di prevenzione della diffusione del virus, molte città stanno avviando sperimentazioni di urbanistica tattica come strumento di adattamento degli spazi urbani alla nuova situazione. Per noi queste sperimentazioni devono essere viste anche come opportunità per trasformare le condizioni urbane nel lungo periodo4. Per restare nella metafora urbanistica: le tattiche devono essere radicate in precise strategie; non devono essere semplici allestimenti temporanei ma segni tangibili di una promessa di città nuova. Questa è per noi la vera scommessa per il futuro.
La prossimità nella ripartenza
La conoscenza non è mai neutra e le scelte non sono mai esclusivamente tecniche. Esse dipendono sempre dai “filtri” con cui vengono immaginate. L’introduzione della didattica a distanza - uno tra i temi più dibattuti al momento - potrebbe ad esempio essere vista come un’opportunità di innovazione o come un rischio di impoverimento a seconda che lo si osservi prioritariamente dal punto di vista del bilancio, delle economie di scala, o da quello dei diritti dei bambini, dei ragazzi e dei loro genitori.
Il nostro “filtro” è quello della prossimità, intesa come capacità di coniugare ascolto della città, attivazione civica e azione pubblica. Un metodo di lavoro che favorisce e valorizza:
- lo sviluppo delle pratiche e strumenti di ingaggio, coinvolgimento e attivazione di gruppi locali, comunità e cittadini singoli nei processi decisionali, fino alla co-produzione di interventi e azioni di politica pubblica;
- l’innovazione della pubblica amministrazione e di processi di costruzione delle politiche pubbliche, strumenti di finanziamento e pratiche burocratiche che abbiano un più stretto legame con i bisogni e le caratteristiche del tessuto sociale cittadino con cui si è creata una relazione di scambio costante;
- la progettazione di prossimità, ovvero interventi sullo spazio pubblico e servizi urbani che abbiano come scala di riferimento zone inferiori ai quartieri e quindi di grande vicinanza al cittadino e alla vita di quartiere;
- la governance dei processi di trasformazione, ovvero la riflessione sul ruolo delle città nella creazione di percorsi di cambiamento ad alto impatto sociale e alla partecipazione a reti nazionali e internazionali per favorire lo scambio e l’evoluzione delle pratiche e dei paradigmi collaborativi.
Se è vero che l’emergenza sanitaria rende obbligatorio un ripensamento degli strumenti e delle pratiche di coinvolgimento della cittadinanza e delle comunità (non è possibile infatti al momento organizzare laboratori, tavoli di progettazione e assemblee in presenza), tuttavia, siamo convinti che in un contesto che prevede la limitazione del movimento delle persone sulla scala urbana e l’inasprirsi dei rischi di esclusione e disuguaglianza economica e sociale, usare la prossimità come lente di analisi e sviluppo di interventi urbani possa svolgere un ruolo cruciale nel ripensare l’organizzazione dello spazio pubblico, dei servizi, delle relazioni e dell’azione pubblica nel contesto urbano.
Da questo punto di vista, la prossimità non è soltanto un metodo, né solo una scala di intervento, ma anche e soprattutto una scelta di campo. Se infatti è necessario immaginare un’azione di governance strategica capace di tenere in considerazione rischi più o meno prevedibili5, allo stesso tempo serve essere consapevoli che le soluzioni che verranno immaginate nel corso dei prossimi mesi devono essere inquadrate in uno schema di priorità politiche. Prossimità significa per noi mettere al centro dell’agire pubblico - istituzionale e non - le persone, i loro bisogni e le loro aspettative. In particolare, stiamo assistendo all'inasprimento di contraddizioni socio-economiche che trovano le loro radici in scelte e modelli di sviluppo ben precedenti alla crisi6. Se è vero che la pandemia colpisce tutti, è altrettanto vero che non colpisce tutti allo stesso modo: in queste settimane il dibattito pubblico si è nutrito di osservazioni e richieste sulle mancate tutele immaginate per i bambini7, le persone con disabilità8, i più anziani9, i precari e i lavoratori atipici10, i migranti11. Includere queste e altre comunità cittadine come gli studenti12 e le “reti territoriali tematiche” (come, a titolo esemplificativo, gli attivisti per la mobilità sostenibile, i commercianti, i professionisti della cultura) è fondamentale per immaginare risposte non uniformate all’emergenza, che rischiano di acuire ulteriormente disuguaglianze e situazioni di fragilità. Vogliamo immaginare scenari per ripartire nell’interesse comune e delle fasce di popolazione più fragili, attivare associazioni, spazi sociali e culturali, reti cittadine, esperienze civiche e mutualistiche, enti di ricerca, cittadini per progettare insieme una città che deve essere in grado di rispondere a bisogni nuovi e vulnerabilità, integrati tra loro e complessi.
Nella lunga transizione che ci vedrà coinvolti è in gioco la creazione di una “nuova normalità” sociale, economica e ambientale13. Non è in gioco una mera ri-partenza ma la concreta possibilità di attuare un modello basato sulla transizione giusta, in cui la dignità e la salute delle persone siano il centro dell’azione pubblica, comunitaria e privata, al fine di garantire un equilibrio tra i diritti sociali della popolazione e dei lavoratori, sostenibilità economica, tutela ambientale e convivenza con gli ecosistemi naturali, diritti delle nuove generazioni, delle donne, dei nuovi cittadini migranti.
Quattro dimensioni per R-innovare la città: prime piste di sviluppo
La prossimità è una prospettiva in linea con la storia di Bologna, considerata da molti come un modello di governo democratico e solidale che, nel tempo, ha continuato a essere considerata attrattiva per molte categorie di persone (studenti, lavoratori, professionisti, imprenditori e, negli ultimi anni, anche turisti) ed è ancora oggi vista nel resto d’Italia e all’estero come una città accogliente e per molti versi unica. Ciò è stato possibile perché questa città, fra molte contraddizioni e difficoltà, ha saputo nel tempo innovare un modello democratico e solidale, attrattivo e inclusivo, conservandone lo spirito originario.
Questo modello necessita ancora una volta di innovarsi alla luce delle profonde trasformazioni che hanno caratterizzato la città in questi ultimi anni e, come insegna l’attuale pandemia, delle nuove sfide globali con cui essa è chiamata a confrontarsi. Misure, azioni, sperimentazioni innovative devono essere pensate per incidere in maniera integrata e in sinergia sulla città nelle sue dimensioni fondamentali:
- l’Urbs: la città fisica e lo spazio urbano;
- la Civitas: la città di chi questo spazio lo vive e lo attraversa.
A queste due dimensioni per così dire “classiche” se ne affiancano altre due per noi altrettanto importanti:
- la Domus: la città dell’economia, intesa come “cura” di chi “abita” la casa comune;
- il Foedus: la città municipalista, delle reti e delle alleanze.
Attraverso la chiave della prossimità, queste quattro dimensioni possono essere declinate in piste di azione e di ricerca che abbiano l’obiettivo di riconoscere diritti e opportunità in maniera diffusa, per non lasciare indietro nessuno e per garantire il pieno sviluppo delle persone che abitano e attraversano Bologna.
URBS
Da provincia a metropoli internazionale: per una città policentrica e sostenibile
Strumenti come il Piano Urbanistico Generale e il Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile, elaborati anche grazie alle indicazioni e al contributo attivo delle comunità radicate nelle diverse zone della città, stavano delineando un futuro urbano sostenibile, capace di trasformare Bologna in una vera metropoli internazionale. D’altra parte, HousINgBo, l’indagine sulla condizione abitativa studentesca condotta dalla Fondazione per l’Innovazione Urbana, aveva rivelato come ancora il centro storico svolgesse una eccessiva forza centripeta che produceva una crescente competizione tra city-users che, a lungo andare, avrebbe potuto limitare la capacità attrattiva (non solo turistica) della città, che nel centro storico aveva raggiunto il livello di saturazione. Già prima della pandemia, era dunque chiara la necessità di incentivare e sostenere uno sviluppo urbano policentrico, attraverso una sempre maggiore decentralizzazione di spazi e servizi e lo sviluppo di centri di vita diffusi e collegati tra loro anche su scala metropolitana, sfruttando uno spazio ampio e di grande pregio ambientale per un’espansione della vita cittadina più sana, sostenibile e in sinergia con gli spazi verdi e naturali. Introducendo elementi come la forte modifica della mobilità e della possibilità di incontro e presenza fisica nelle nostre città, la pandemia rafforza ulteriormente tale l’urgenza di ripensamento dell'organizzazione spaziale e delle infrastrutture: la presenza di servizi sanitari e di cura, educativi, culturali, ambientali, digitali ed economici diffusi e facilmente accessibili si sta dimostrando elemento essenziale per le famiglie e gli abitanti delle città per migliorare la qualità della vita e non restare esclusi da processi di crescita personale e sociale.
Un investimento strategico in questa direzione significa potenziare la capacità di resilienza della città e dei propri abitanti. Se dunque è vero che la centralità amministrativa dei quartieri gioca oggi un ruolo importante nel modello di sviluppo urbano della città di Bologna, serve un ripensamento sostanziale dell’urbanistica cittadina e un più forte impegno nell’implementare il modello policentrico. In quest’ottica, è prioritario ri-immaginare il ruolo dello spazio pubblico per la vita delle persone, ovvero le funzioni sociali che possono svolgere i numerosi parchi e i giardini pubblici, le piazze, le sedi associative, i luoghi sfitti e dismessi, i centri e gli spazi sociali e gli spazi culturali14 già presidiati dalle comunità cittadine che possono e devono svolgere un ruolo centrale nella creazione di reti di cura delle comunità: è necessaria una loro attivazione e un sostegno affinché offrano servizi sanitari, relazionali, economici e sociali aumentando la capacità di resilienza della città.
Ugualmente è necessario garantire la connessione e lo scambio tra territori decentralizzati al fine di non replicare schemi di divario sociale, isolamento e costruzione di nuove periferie isolate e in cui la mancanza di infrastrutture ha già dimostrato di avere conseguenze marginalizzanti per la popolazione e per il mantenimento di servizi e relazioni di prossimità di qualità, come abbiamo potuto vedere con chiarezza in questi mesi nell’aumentare dei rischi di esclusione nei territori privi di infrastrutture digitali, di strutture sanitarie, di servizi educativi. Le sfide urbanistiche che si dovranno affrontare in risposta ai grandi cambiamenti globali (prevedibili e non) avranno un impatto sempre maggiore e la capacità di saper interpretare il presente determinerà l’effettiva possibilità di garantire una vita degna alle persone che abitano e attraversano la città.
Bologna può dotarsi di una nuova organizzazione e di infrastrutture capaci di sfruttare asset cittadini: costruire schemi di mobilità sostenibile e intermodale capaci di collegare non solo i quartieri con il centro, ma anche i quartieri internamente e verso l’area metropolitana, implementare nuove infrastrutture tecnologiche e digitali con l’obiettivo di garantire l’inclusività e la sostenibilità della città policentrica utilizzando i fondi dei piani di investimento nazionali ed europei, sfruttare la straordinaria potenza di calcolo che verrà sviluppata dalla città grazie all’arrivo del supercalcolatore europeo e del Data Center del Centro Meteo Europeo al servizio della gestione urbana incentrata sulle persone affinché nessuno resti indietro. Non da ultimo, bensì come base di tutta l’azione urbanistica, può applicare fin dall’ideazione della progettazione pubblica schemi, modelli e orientamenti che garantiscano l’implementazione di una transizione giusta verso un futuro capace di ridurre le disuguaglianze anche di carattere ambientale, cioè di garantire la qualità dell’aria e la biodiversità dell’ecosistema, di annullare il consumo di suolo, di ridurre il rischio idrogeologico per permettere una convivenza sicura con la natura, di valorizzare l’intelligenza naturale del territorio.
CIVITAS
Una nuova cittadinanza urbana: per una città accessibile e accogliente
Negli ultimi anni la città di Bologna si è contraddistinta per l’impegno nell’innovazione degli schemi di governance urbana e la sperimentazione di nuove forme del welfare e della cura urbana attraverso strumenti come i Piani di zona e le politiche della collaborazione (entro cui si sviluppano i Patti di collaborazione e i Laboratori di Quartiere).
Tuttavia, la crisi che stiamo vivendo acutizza i rischi di tenuta democratica dei sistemi urbani: l’urgenza e la gravità della situazione rischiano, da un lato, di aggravare irrimediabilmente situazioni e condizioni di fragilità esistenti, amplificando rischi sanitari, solitudini e povertà sociali, culturali, relazionali e, dall’altro, di accentuare la centralizzazione dei processi decisionali a discapito di una sana e partecipata vita pubblica urbana e del protagonismo della società civile15.
In un panorama in cui le povertà e le disuguaglianze risultano ulteriormente radicalizzate diventa urgente mettere a sistema e far evolvere le intuizioni sperimentate negli ultimi anni e perseguire un nuovo diritto alla città, capace di dare fondamento a un concetto di cittadinanza urbana che sia sostanziale e capace di garantire l’accesso a diritti sociali, civili ed economici a chi abita la città, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili della popolazione e non basato sul possesso formale di requisiti burocratici.
Un nuovo diritto alla città si sostanzia attraverso un concetto ampio di accessibilità, intesa non solo come ripensamento degli spazi fisici, ma, più in generale, come accesso reale ai diritti civili, sociali ed economici. Ciò significa capacità di contrastare le diverse forme di povertà educativa, di garantire a tutti la cultura, il diritto a una casa dignitosa e economicamente sostenibile, la possibilità di ottenere cure sanitarie e servizi alla persona evitando di mettere a rischio la propria salute e i propri familiari, favorire processi anche non formali di apprendimento e crescita, attivando strategie urbane, amministrative e politiche che tengano conto della vulnerabilità e abilitino il pieno sviluppo e la dignità delle persone, indipendentemente dalla loro capacità di rispondere a schemi di produttività e logiche competitive o elettorali. È il caso dei bambini e degli adolescenti, dei cittadini migranti, degli studenti fuori sede, dei giovani precari e disoccupati, della popolazione femminile e della comunità LGBTIQ+, degli anziani, delle persone con disabilità fisiche e psichiche.
In quest’ottica, diventa fondamentale ripensare un modello di welfare capace di mettere in campo processi, risorse e strumenti costruiti insieme alle comunità e partendo dai bisogni delle persone. Come sostenuto da Amartya Sen in un recente articolo, “ciò che serve per affrontare una calamità sociale è una governance partecipativa e un'attenta discussione pubblica”16. Serve quindi attivare nuovi schemi di governance capaci di sostenere azioni mutualistiche, di attivismo civico, di collaborazione pubblico-comunità17 e di coprogettazione ma anche pianificare una riorganizzazione amministrativa, al fine di dotare la città di strumenti e prassi nuove, integrate e sinergiche alle energie cittadine diffuse.
Non da ultimo, la rete dei luoghi e le pratiche d’uso degli stessi diffusi in tutta la città (e già citate precedentemente) possono svolgere un ruolo per ri-immaginare l’infrastruttura sociale di Bologna grazie all’incrocio con la conoscenza delle reti comunitarie presenti sul territorio, attivando processi di collaborazione tra il settore pubblico, il mondo civico e auto-organizzato e il mondo privato, al fine di allargare lo spettro e orientare azioni di risposta alla crisi e coprire in maniera più efficace bisogni e richieste, come già sta avvenendo in diversi ambiti di intervento a Bologna dove cittadini attivi, movimenti e istituzioni pubbliche stanno agendo in maniera composita per gestire urgenze alimentari, di sostegno psicologico, di accesso alla cultura, di fruizione dello spazio pubblico.
DOMUS
Resistere alla speculazione, innovare la produzione: per una città attrattiva ed economica
La crisi economica che consegue all’emergenza sanitaria in atto è stata definita la più grande dal secondo dopoguerra ad oggi e impatta trasversalmente tutti i comparti economici: settori come il turismo18, il commercio19, la produzione agricola e le filiere connesse20, la produzione di servizi per la città, la produzione culturale21 sono stati fortemente colpiti dalla crisi. Altri settori, come quelli del welfare sono sotto stress e dovranno subire riorganizzazioni al fine di garantire una risposta ai bisogni sempre più diffusi di accompagnamento, lotta alle solitudini, assistenza e cura dei malati. Conseguenza di tali dinamiche è un peggioramento drastico delle condizioni economiche di molti cittadini e lavoratori e l’emersione di gravi situazioni di povertà ed enormi disuguaglianze in termini di reddito, di riconoscimento e di accesso al welfare.
La situazione attuale, tuttavia, è la conseguenza di dinamiche e contraddizioni strutturali di un modello di sviluppo economico che, anche nel territorio bolognese, mostra da tempo segni di crisi in alcuni comparti fondamentali. Fra questi, ad esempio, il settore edilizio o l’aumentata centralità del settore turistico e dei servizi che, se da un lato ha consentito alla città di uscire dalla crisi del 2011 meglio di altri territori, dall’altro ha avuto un invasivo impatto sociale e rivelato, specie con la pandemia, la strutturale fragilità di un modello economico dal contenuto tecnologico, di ricerca e di innovazione che presenta ancora ampi margini di miglioramento.
D’altro canto, la crisi sta facendo emergere l’importanza per il benessere quotidiano e la ripartenza economica delle città di paradigmi economici di prossimità - come quelli alla base dei mercati rionali e dei servizi di vicinato, elementi strategici nel nuovo Piano Urbanistico Generale della città - e un rilancio delle azioni di advocacy e di investimenti per una riconversione verde dell’economia.
La sfida centrale sembra quella di riattivare la capacità attrattiva della città (investimenti, turisti, talenti, studenti) con la consapevolezza di quelli che erano i limiti della situazione pre-covid. Ciò significa favorire una crescita economica basata sulla costruzione di reti e comunità, sulla cooperazione, sulla prossimità e sulla convivenza con l’ecosistema ambientale ma capace allo stesso tempo di garantire la creazione di competenze e posti di lavoro specializzati, un settore della ricerca avanzato e strettamente in sinergia con la città e mettere al centro dello sviluppo il valore sociale dei servizi e della produzione.
In questo quadro, è necessario immaginare nuovi modelli organizzativi e infrastrutture che mirino a ricomporre i rapporti fra economia, lavoro, welfare, ambiente e ricerca, per contribuire e sostenere iniziative e processi di innovazione prima di tutto sociale, partendo da esperienze e sperimentazioni da cui trarre conoscenza e orientamento. In quest’ottica vengono in aiuto i modelli municipalisti applicati al nuovo cooperativismo - in particolare al cooperativismo di piattaforma - basati su principi su cui la città di Bologna si è impegnata attraverso la Carta dei diritti fondamentali per il lavoro digitale nel contesto urbano di Bologna e il Cantiere Consegne etiche (nato in seno all’Osservatorio sull’emergenza cittadina della Fondazione innovazione urbana) e i modelli di sviluppo economico verde e di economia circolare come la strategia Amsterdam City Donut, uno strumento di trasformazione urbana basato sul modello di economia “a ciambella”, sviluppato da Kate Raworth22, e orientato a definire azioni integrate per bilanciare diritti sociale e equilibrio ecosistemico.
FOEDUS
Dalle reti alle alleanze: per una città municipalista
Le città e i territori locali sono i luoghi in cui gli effetti socio-economici delle grandi sfide globali sono più visibili e agiscono direttamente sulle persone; allo stesso tempo, sono anche gli spazi in cui si condensano intelligenze collettive di grande capacità tecnica e innovativa.
In un contesto necessario di governance multilivello delle sfide globali, le città, come teorizzato da Joan Subirats (2016) nel suo libro El poder de lo próximo: las virtudes del municipalismo23, si trovano a dover gestire la tensione costante tra urgenza e competenza, cioè tra la necessità di dover dare risposte visibili e concrete a chi vive e abita il territorio e la reale possibilità amministrativa e giuridica di poter agire in risposta a tali bisogni.
Un esempio su tutti può essere rintracciato ancora nell’ambito educativo: il lockdown ha comportato la chiusura delle scuole e il cambiamento dei processi di crescita educativi di migliaia di bambini e ragazzi ma anche criticità nella gestione familiare e conciliazione scuola-lavoro di un elevato numero di famiglie italiane. Tale dinamica prevede conseguenze di grande impatto sociale ed economico per le città che pur si trovano a non poter agire direttamente sulla riapertura delle scuole, di competenza regionale o nazionale.
Come suggerisce Subirats, nel rispetto normativo degli schemi di governance e di competenza previsti, le città possono però trovare modi per ampliare “il limite del possibile” e ricavare spazi di azione - anche in maniera creativa - per ridefinire il proprio protagonismo e la propria iniziativa in risposta ai bisogni territoriali attraverso una nuova alleanza tra “pubblico istituzionale” e “pubblico comunitario”. Le forze che compongono la città e concorrono ai processi di cambiamento urbano devono trovare il senso della costruzione di alleanze sociali attorno a obiettivi e valori di benessere collettivo, di lotta alle disuguaglianze e di inclusione e di transizione giusta che caratterizzino azioni e processi innovativi di individuazione di risposte alle urgenze. Ugualmente e in questa direzione, le città devono ambire a svolgere un ruolo politico strategico a livello nazionale e internazionale, per agire su ambiti cruciali come la regolamentazione delle nuove piattaforme digitali, la tutela dei lavoratori, i cambiamenti climatici, la produzione e la gestione del patrimonio culturale. Ciò necessita un salto paradigmatico nelle relazioni tra le città, che affianchi sempre più alla logica amministrativa delle reti di città quella più politica delle alleanze: le città devono immaginare un proprio ruolo di attore politico e sociale “fuori da sé” e con altre città, dotandosi di nuovi strumenti e azioni per costruire azioni di pressione e di advocacy. La sfida è poter incidere realmente sulle priorità politiche dell’agenda e delle agenzie nazionali ed internazionali, anticipando tendenze e frontiere di policy dal livello territoriale, presidiando con costanza le sedi decisionali e proponendo alternative valide facendo sistema, consapevoli che da sola ogni città non potrà garantire il raggiungimento di obiettivi di portata ampia e integrata.
Note
1 Per una lettura sullo spettro delle possibili conseguenze della pandemia e sul ruolo politico delle scelte nella ripartenza , si consiglia la lettura di Will COVID-19 Remake the World? di Dani Rodrik e Yuval Noah Harari: the world after coronavirus.
2 Se la situazione di incertezza non consente di ipotizzare un preciso percorso di ritorno alla “normalità”, gli studi disponibili tendono a immaginare un percorso per fasi le cui le tempistiche potranno variare a seconda dei risultati delle politiche di contenimento, con possibili “stop and go” e si presenta la necessità di prevedere risposte calibrate su situazioni diverse, lavorando su tre scenari distinti (chiusura totale, apertura parziale, apertura totale).
3 Per un esempio di costruzione di scenari futuri si consiglia la lettura del report “Cosa potrebbe accadere all'Europa e il Nord America se il COVID-19 durasse un anno o piú?” della Special Circumstances Intelligence Unit, The Grey Briefings, 22/05/2020
4 Un’interessante riflessione sulle trasformazioni dello spazio pubblico per approfondire questo aspetto è offerta dal report Public Space & Public Life during COVID 19 prodotto dallo studio di architettura Ghel.
5 In questo senso, Enrico Giovannini parla della necessità di azioni di governo strategiche che si basino su modelli di resilienza trasformativa per preparare il Paese ad affrontare eventuali choc o cogliere nuove opportunità. Giovannini: «Agire oltre la crisi. Team di esperti per la ripartenza», 27/05/2020
6 Come tematizzato a più riprese dal Forum Diseguaglianze e Diversità. Per maggiori informazioni: Forum Disuguaglianze Diversità: Homepage, 22/05/2020
7 Per un approfondimento consultare Christopher Null, “The Reality of Covid-19 Is Hitting Teens Especially Hard”, Wired.com, 06/04/2020, e Rosa S., Wu Ming 4, “I bambini scomparsi per decreto. La sofferenza dei più piccoli nei giorni del coronavirus”, WuMingFoundation.com, 24/03/2020
8 Per maggiori informazioni Elena Molinari, “Strage di disabili negli Stati Uniti”, Avvenire.it, 10/04/2020, e Chiara Bersani, “Il coronavirus e la narrazione tossica della disabilità”, Pasionaria.it, 02/03/2020
9 Per approfondire Louise Aronson, “Ageism Is Making the Pandemic Worse”, The Atlantic.com, 28/03/2020, e Maria Luisa Boccia, Grazia Zuffa, “Anziani, fragili e liberi”, Il Manifesto, 18/04/2020
10 Alcune fonti in merito ”Partite iva e precari, i lavori più penalizzati dall’epidemia”, Internazionale, 13/03/2020, e Katherine Hearst, “The coronavirus has exposed the dangers of an economy built on insecurity”, Opendemocracy.net, 11/03/2020
11 Per approfondire Daniel Trilling, “Coronavirus offers an excuse to close borders. That would be a mistake”, The Guardian, 26/04/2020, e Marco Omizzolo, “«Per noi sikh nei campi l’emergenza non vale»”, Il Manifesto, 19/03/2020
12 Per maggiori informazioni Francesco Floris, “Proprietari e inquilini a Milano: ora la battaglia è sull’affitto da pagare”, Gli Stati generali, 11/04/2020, e Nicholas Casey, “College Made Them Feel Equal. The Virus Exposed How Unequal Their Lives Are”, The New York Times, 04/04/2020
13 Sul tema, vari sono i contributi pubblicati in queste settimane da esperti e studiosi, tra cui Mariana Mazzucato, Judith Butler, Jeremy Rifkin, Noam Chomski.
14 Per una lista dei luoghi della prossimità è possibile consultare il secondo volume del Piano Innovazione Urbana al link Piano Innovazione Urbana, 22/05/2020
15 Un’analisi è fornita da Patrick Gaspard in “Il coronavirus va sconfitto senza sacrificare la democrazia”, Il Sole 24 Ore, 17/04/2020
16 Amartya Sen, “Amartya sen writes on India lockdown, coronavirus pandemic”, Indianexpress.com, 08/04/2020
17 Per un approfondimento su nuove forme di governance Cinzia Azzurra, Felice Mometti, “Governance and Social Conflict in a Time of Pandemic”, Viewpointmag.com, 9/04/2020
18 Per approfondire Sophie-Claire Hoeller, “What the future of air travel might look like after the coronavirus pandemic”, 08/04/2020
19 Per approfondire Massimo Canevacci, “La ristorazione dopo il coronavirus: parla Massimo Canevacci”, Gambero Rosso, 30/03/2020
20 Per ulteriori informazioni Stefano Liberti, “L’epidemia lascia l’agricoltura italiana senza lavoratori”, Internazionale, 20/03/2020
21 Dipartimento Cultura e Promozione della Città, a cura di, L'emergenza COVID-19 e le sue ricadute sul comparto culturale e creativo, Comune di Bologna, 29/04/2020
22 Per maggiori informazioni: Introducing the Amsterdam City Doughnut, 22/04/2020
23 Subirats, J. (2016). El poder de lo próximo: las virtudes del municipalismo. Los libros de la catarata.